RIFLESSIONE

Esiste oggi una forma di animalismo sfrenato che è davvero deleteria. Non si parla certo di chi difende e protegge gli animali dalla inutile violenza, cosa di grande valore e sensibilitа, ma l’accusa è verso quella forma di fanatismo che diventa un vero accanimento verso l’uomo, ritenuto “cancro del pianeta”, un ritorno al panteismo o alla devozione di una Terra Madre (Gea). 
E’ evidente che oggi, purtroppo, difendere l’eccezionalitа dell’uomo viene visto come una discriminazione diretta degli animali, un preludio per una loro discriminazione. Ma questa è una deduzione folle e completamente ingiustificata: esistono tantissimi cattolici vegani, vegetariani e ambientalisti e con maggiore sensibilità di altri circa le sorti del Creato. Cattolici che si battono per interrompere le crudeltà verso i suini e cattolici che propongono l’ambientalismo blu, altri invece che preferiscono usare il loro tempo per assistere gli uomini, i bambini, gli anziani e gli ammalati. Ognuno fa il suo, senza nessun fondamentalismo, senza voler paragonare l’uomo all’animale (anzi, solo certi animali) o estendere loro i diritti umani. Questa è pura antropomorfizzazione.

 Il filosofo ha fatto alcune considerazioni molto interessanti che smontano questa ideologia fanta-ecologista disumana, nel vero senso della parola.
PERCHE’ SOLO ALCUNI ANIMALI? PERCHE’ NON LE PIANTE? 
“Gli orsi hanno dei diritti”, dicono. È possibile essere d’accordo, ma a patto che per non discriminare nessuno dovremmo riconoscere dei diritti anche a pulci, zecche, pidocchi, ragni, piccioni, topi, scarafaggi, formiche, mosche, zanzare ecc. Ma anche i batteri appartengono al regno animale, dunque se l’animale vale quanto l’uomo dovremmo smettere di curarci dalle infezioni? Bisognerebbe che questi militanti smettessero anche di girare a piedi o in auto per le loro battaglie, dato che ogni loro movimento comporta il massacro di milioni di animali (sotto le scarpe, sul parabrezza ecc.). E perché poi discriminare le piante? Questi fanatici, aggressivi verso chi non è vegetariano, fanno scorpacciata di vegetali, anche se è dimostrato che vi sia in essi attività neurologica e, addirittura, gli ortaggi comunicherebbero tra loro scambiandosi richieste di aiuto.

AVERE DEI DIRITTI COMPORTA DEI DOVERI 
Se vogliamo estendere agli animali i diritti destinati agli uomini, questa stessa libertà per forza di cose comporterà delle responsabilità. Da che mondo è mondo se io uomo uso male della mia libertà dovrò pagarne le conseguenze: libero di andare in giro in auto, ma se investo una persona me ne assumerò le conseguenze anche legali. Il dolce orso ha aggredito due persone. Nulla di scandaloso: ci sarà pur un motivo se al nome della specie è stato aggiunto, come distintivo della variante, l’appellativo di horribilis. In Italia, a Livorno, un branco di cani ha sbranato un camionista, padre di famiglia. Un cane non randagio, addomesticato e “amico dell’uomo” ha massacrato un bimbo di 9 anni, poco dopo la stessa sorte è toccata a un bimbo di un anno, poi a un neonato, morto dopo l’aggressione del cane dei genitori. Di fronte a tutto questo, chi invocasse la scriminante “l’animale è innocente perché è l’istinto ad averlo costretto ad agire così”, entrerebbe in palese contraddizione:
se è l’istinto a presiedere alle azioni degli animali, allora dobbiamo concludere che i loro atti sono determinati da madre natura e quindi non sono liberi, come quelli umani. Ma allora significa che cagnolini, orsi e lupi sono schiavi dell’istinto. E dunque, che senso ha berciare tanto nel difendere i loro diritti “umani” di libertа? Oppure vale anche il contrario: dato che si vuole ridurre l’uomo ad un animale sociale, come la formica o la scimmia, perché non esigiamo che il trattamento di impunità riservato agli animali sia esteso anche agli assassini della nostra specie?

Mentre gli allevatori si preoccupano per la prossima stagione d’alpeggio: Life Wolfalps propina l’ennesimo inutile questionario.

Mentre gli allevatori, in vista della prossima stagione di alpeggio, sono seriamente preoccupati per i propri animali, considerato l’aumento del numero dei lupi (riconosciuto anche dal progetto Life Wolfalps),
quest’ultimo rilancia ancora una volta una “campagna demoscopica”, attraverso questionari vecchi di otto anni e indirizzati a vari strati della popolazione. Gli allevatori intendono rifiutarsi di partecipare, per la terza volta, a un sondaggio che non sa rispecchiare minimamente le problematiche che la presenza dei lupi ha creato nelle valli della provincia. Già in passato il progetto europeo ha dimostrato di non sapere sfruttare i risultati di questi sondaggi per supportare in modo efficace chi si deve confrontare quasi giornalmente con la presenza di lupi sul territorio. In particolare, si continua a non tenere conto dei sistemi di alpeggio e, in generale, delle pratiche di gestione del bestiame tipiche della zona. Non solo. Gli allevatori hanno anche constatato come i dati dei questionari vengono sfruttati, da parte del progetto Life Wolfalps, contro gli allevatori stessi. Secondo gli allevatori si tratta quindi dell’ennesima manipolazione dei sistemi di comunicazione, finalizzata a trasmettere all’opinione pubblica l’idea che nessuno si lamenti del lupo e che solo una percentuale minima della popolazione vorrebbe ridurne gli esemplari.
Mancano , fra l’altro, alcune domande che, allo stato attuale della problematica a livello nazionale, potrebbe essere veramente utile, ovvero:
1- “sei d’accordo che serve cominciare a gestire i lupi con un contenimento numerico della specie?”. Al contrario chiedono se si è d’accordo con la caccia al lupo. Questa formulazione del quesito induce facilmente la
gente a pensare a battute di caccia indiscriminata (ecco come è facile influenzare le risposte!).
2- “sapevi che in Svezia è stata inserita una zona dove non sono ammessi i lupi per salvare le renne e la cultura del popolo Sami? Saresti d’accordo che anche in Italia vengano previsti territori non adatti al ripopolamento dei
lupi per salvaguardare l’alpicultura tipica della montagna?”
3- ”sapevi che a livello internazionale , condiviso anche da Life Wolfalps, esiste lo studio: MANAGEMENT OF BOLD WOLVES Policy support Statement of the Large Carnivore Initiative for Europe, dove si prevede che lupi che si avvicinano a più di 30 metri dall’essere umano sono da considerare “esemplari problematici” e deve essere assolutamente perseguita una politica di gestione degli stessi. Sei d’accordo che anche in Italia venga attivata una “gestione attiva” per ridurre il rischio che i lupi perdano il timore degli esseri umani con le relative conseguenze?
Nell’insieme il questionario non affronta i problemi reali e neppure le modalità per ottenere un quadro veritiero e realistico della situazione, ma funzionale solamente a una visione positiva dei lupi e a minimizzare i problemi (che è poi lo scopo di tutto il milionario progetto).
Lo stesso si può dire per le modalità utilizzate per attuare il monitoraggio recentemente reso pubblico e per i risultati raggiunti. Essi, pubblicati solamente ad un anno di distanza, riguardano infatti più che altro genealogie di lupi ma non mettono in evidenza in alcun modo ciò che serve agli allevatori e alla popolazione: quali branchi o singoli lupi siano stati responsabili di attacchi ad animali domestici, quali siano gli individui “confidenti” e che penetrano spavaldamente nei paesi abitati.
Il progetto ha già dimostrato non essere in grado di aiutare gli allevatori della nostra provincia montana; le problematiche indotte dalla crescente presenza dei lupi rimangono le stesse e non si sono proposte di soluzioni
valide ed applicabili per salvaguardare il nostro tipico sistema di allevamento. Non vi è altro da fare, come gli allevatori sostengono da tempo, che cambiare la normativa sulla protezione totale dei lupi e sulla possibilità dell’autodifesa del bestiame e degli esseri umani. Nessuno può più seriamente sostenere che i lupi siano a rischio di estinzione visto che sono stati cancellati dalla Lista Rossa IUCN. Sarebbe ora di adeguarsi con il passo dei tempi. È ora che la specie venga contenuta e che nei confronti degli esemplari e dei branchi che predano ripetutamente il bestiame e che entrano nei paesi vengono messe in atto azioni tali da esercitare un’efficace deterrenza.

Il Comitato Salvaguardia Allevatori VCO

I fanatici anticaccia ci riprovano

EVENTI e INCONTRI

COMUNICATO STAMPA

Gestione dei Grandi Predatori – Protesta pacifica al Tour de Suisse

Il Tour de Suisse mostra agli spettatori la bellezza del nostro paese. Abbiamo approfittato di quest’occasione per attirare, con un’azione pacifica, l’attenzione dell’opinione pubblica sugli sviluppi spiacevoli del proliferare di questi feroci carnivori. Lungo il percorso nei cantoni Ticino, Vallese, Uri e Grigioni abbiamo reso attenti sulla nostra preoccupazione con lo slogan “Save the Alps – Retten wir die Alpen – Salvain las Alps – Salviamo le Alpi” e con striscioni. La nostra azione di solidarietà è diretta contro la diffusione incontrollata dei grandi predatori, specialmente dei lupi, ancor oggi rigorosamente protetti in tutto l’arco alpino. Questa realtà ha conseguenze devastanti per l’agricoltura alpina, l’alpicoltura, la cultura rurale, la vita di campagna e il turismo.

La preoccupazione in tutta la regione alpina è grande. I nostri colleghi italiani dell’Ossola e ticinesi hanno già richiamato l’attenzione sulla preoccupante situazione nei paesi alpini alla tappa del Giro d’Italia del 29 maggio 2021. Solo in Svizzera, 913 animali da allevamento sono stati ufficialmente vittime di attacchi di lupi nel 2020. In Francia, la cifra fu di ben oltre i 10.000 capi. Questo nonostante i grandi sforzi profusi per la protezione delle greggi. Ma i problemi non sono in crescita solo in campo agricolo, direttamente e indirettamente sono colpiti anche la vita di campagna e sempre più i dintorni delle Città e il turismo. I lupi penetrano nei nostri villaggi, sulle piste di sci di fondo e da sci e sui sentieri escursionistici si trovano carcasse di animali sbranati. Le misure di accompagnamento comprendono recinzioni massicce, cani da guardiania aggressivi, onerose deviazioni di sentieri e telecamere della fauna selvatica che ti riprendono al lavoro e nelle attività ricreative, solo per citare alcuni dei problemi concreti. Risultato: mandrie di mucche nutrici, greggi di capre e pecore sconvolti e compromessi nel loro ciclo vitale (aborti, infertilità, ecc.).

Chiediamo il rispetto delle preoccupazioni delle nostre popolazioni. Auspichiamo che la Svizzera e gli altri paesi alpini possano gestire finalmente la loro fauna selvatica e dei Grandi Predatori in modo che non danneggino i singoli cittadini nelle loro attività rurali, né lo stesso patrimonio socio-culturale del territorio alpino.

Firmato da:

Associazione svizzera per la protezione del territorio dai grandi predatori
Associazione grigionese per la protezione del territorio dai grandi predatori

Komitee Pro alpine Kulturlandschaft

Contatti:

Rico Calcagnini, 7223 Buchen, Kanton Graubünden, rico.c@bluewin.ch – 081 328 24 78
Germano Mattei, 6690 Cavergno Canton Ticino, germano.mattei@gmail.com – 079 428 40 59
Guido Walker, Naters, Kanton Wallis, guidowalker@bluewin.ch – 079 610 18 46 

Alla Fabbrica di Villadossola “il LUPO nel VCO.”

La Fabbrica di Villadossola, teatro ossolano, il 26-06-2020 ha ospitato l’incontro che ha coinvolto il network dedicato alla presenza della specie LUPO nel VCO.

Gli allevatori e alcuni amministratori hanno documentato i danni provocati e la situazione si starebbe aggravando. I sindaci denunciano la presenza del lupo nel centro dei loro piccoli paesi di montagna.

I lupi stanno distruggendo la cultura alpina”. Con l’arrivo dei lupi la piccola pastorizia, essenziale per il mantenimento degli alpeggie e dello stesso territorio montano, non può convivere ma soccombe.

Si allarga alla Valsesia il
movimento NO LUPI

29.07.2010, Varallo Sesia.

Si è ripetuta la protesta contro le liturgie lupiste delle istituzioni. Chi si confronta quotidianamente con il problema non si lascia imbrogliare dalle “soluzioni” invocati dall’Uncem – che si sveglia solo oggi dopo tanti anni che in Piemonte il problema è drammatico – e dalla Regione Piemonte (appiattita su WolfAlps). È contestazione nei confronti degli incontri di “informazione e confronto” messi in atto dalla Regione Piemonte con WolfAlps. Ci si chiede perché, se si tratta di confronto, WolfAlps non rappresenti solo una delle parti in causa, alla pari di associazioni di allevatori, organizzazioni agricole, comuni di montagna. All’incontro di  Varallo c’era il vice-presidente della regione, Carosso e il solito  parterre degli espertoni e “scienziati” della lupologia che si fa lupocrazia. Chi pensava a una montagna e a un mondo rurale ormai esausti, rassegnati, si trova a fronteggiare una inattesa attivazione contestativa da ambiti sociali e territoriali snobbati e sottovalutati. Purtroppo a livello di culture urbane prevale invece il conformismo e la passività.

Dichiarazioni dell’esperto faunistico Radames Bionda

CRODO 02-2020 – Che ci sia una presenza di lupi in Bassa Ossola e in valle Anzasca ormai è certo. E si tratta di branchi, l’esperto conferma.

l tecnico faunistico afferma che il lupo nel VCO creerà un mare di danni

L’Ente Parco delle Alpi Cozie contro WolfAlps

MANCATA TRASPARENZA ED OBIETTIVITÀ DEL PROGETTO WOLFALPS. Lo denuncia direttamente uno dei partners:

il Presidente Dr Deidier Mauro dell’Ente aree protette delle Alpi CozieAlpi-Marittime

Un caloroso ringraziamento da parte di tutti noi allevatori e alpigiani risiedenti nel VCO, nella Valle Strona e nella Val Sesia.
Finalmente le verità vengono a galla. Gli interessi di parte, gli intrighi, la mancata trasparenza, gli sperperi di denaro pubblico, i danni irreparabili creati al territorio e alle persone… VANNO URGENTEMENTE FERMATI!.

Sui pascoli e nelle zone montuose del VCO non ci devono essere lupi. Soltanto così possiamo preservare la pratica dell’alpeggio, la biodiversità e la bellezza del paesaggio.

La bellezza dei pascoli alti del VCO con la loro biodiversità, apprezzata dai turisti quanto dalla popolazione locale, è un patrimonio che da secoli i nostri agricoltori e allevatori preservano con il loro lavoro. Sulle nostre montagne si producono prodotti caseari eccellenti e le persone vi passano il loro tempo libero godendosi il paesaggio e la vicinanza degli animali al pascolo. L’improvvisa e crescente presenza del lupo mette seriamente a rischio la tradizionale pratica dell’alpeggio. Il numero di animali predati è in continuo aumento e ad oggi non vi sono soluzioni
adottabili per risolvere il problema. Proteggere le greggi con reti elettrificate non è una soluzione praticabile!
Gli alpeggi sono per lo più in zone impervie tra rocce e le greggi piccole. Gli animali liberi vanno a cercarsi le erbe migliori in alta quota, le zone in ombra dove fermarsi, le acque limpide dei torrenti. Il benessere degli animali è fondamentale e si traduce anche in prodotti migliori.
Il pascolo in alpeggio è una pratica che permette alle bestie di vivere in modo naturale e ne preserva la salute. I pascoli vicini al fondovalle non sono una soluzione praticabile a causa delle temperature troppo elevate.
I cani da guardiania sono già utilizzati da molti, ma oltre a non essere sempre in grado di fronteggiare le insidie dei lupi, comportano spesso un problema per gli escursionisti. Di conseguenza, molti allevatori rinunciano a portare al pascolo pecore, capre, mucche e cavalli, costringendoli così a trascorrere anche la bella stagione rinchiusi in una stalla.
Molti altri demotivati gettano la spugna e chiudono l’attività.

Questo è un problema che ci riguarda tutti:
l’attività su pascoli e alpeggi rappresenta infatti un patrimonio per l’intera collettività. L’attività dell’uomo su pascoli e alpeggi è irrinunciabile per molteplici ragioni. Se gli allevatori smettono di portare gli animali al pascolo, queste aree verdi si inselvatichiscono, con la conseguente perdita del bel paesaggio e delle tante belle mete escursionistiche. Le aree incolte sono maggiormente soggette al dissesto idrogeologico rispetto a quelle curate. L’intervento capillare dell’uomo in montagna ci ha sempre protetto dalle calamità naturali. Molte specie animali e vegetali sono presenti soltanto nelle aree coltivate e curate dall’uomo.
Per proteggere la biodiversità è necessario preservare l’attività sui pascoli e non la presenza del lupo. Turisti e locali apprezzano la bellezza del paesaggio che rappresenta un vero e proprio patrimonio per tutto il VCO poiché incide anche sulla sua economia.
Molti sono gli ospiti che scelgono la nostra provincia proprio per la sua bellezza paesaggistica.

I risultati di un progetto scellerato e di istituzioni assenti

Meno pastori, più animali da pascolo confinati in spazi ristretti (e di notte in recinti di protezione), più pascoli a rischio lupi, più mute di cani da difesa (che predano i nidi e le marmotte) significa meno covate, meno coppie, condanna a morte della tipica avifauna montana e grave impoverimento delle reti ecologiche alle quali gli uccelli partecipano interagendo con gli insetti e le piante. Tra le specie a rischio di estinzione, a causa della regressione del pastoralismo alpino e appenninico, vi è la Coturnice, la cui principale popolazione mondiale è in Italia.  Ma del resto cosa interesserà mai della biodiversità a chi gioisce del meticciamento del lupo appenninico con quello balcanico, baltico ecc.? Pur che il lupo avanzi, pur che l’ideologia lupista trionfi. Pur di far cessare le attività tradizionali e costringere all’abbandono della montagna, all’attuazione di una “pulizia etnica” senza sporcarsi le mani. In nome di quella Natura che gli interessi economici che assecondano le ideologie animal-ambientaliste stanno sistematicamente avvelenando, depredando.

Quando il lupo attacca l’uomo

Abbiamo trovato una interessante intervista fatta all’etologo Prof. Valerius Geist apparsa su (OUTDOORHUB). Geist ha pubblicato 17 libri sulla “wildlife” e sui grandi
mammiferi (umani inclusi) e ha insegnato per 27 anni all’Università di Calgary. Ha passato circa 50 anni sul campo, ed ha osservato i lupi in molte occasioni.
“Le mie prime esperienze con i lupi mi hanno mostrato animali curiosi e intelligenti ma, al contempo, timidi e cauti. Durante la mia carriera accademica e successivamente nei quattro anni di pensione ho sempre pensato ai lupi come animali innocui, facendo eco alle parole di molti miei colleghi nordamericani. Mi sbagliavo!”
Il Prof. Geist ha cambiato idea quando si è ritirato a vivere a Vancouver Island nel 1995 dove, in compagnia della moglie, si è ritrovato i lupi come vicini di casa. Nell’intervista racconta la sua esperienza diretta di convivenza con i lupi:
Nei prati e nelle foreste vicino casa vivevano circa 120 cervi dalla coda nera e circa 6 grandi orsi neri (maschi). In inverno arrivarono dai 60 agli 80 cigni trombettieri, grandi stormi di oche del Canada, fischioni, germani reali e alzavole americane. Fagiani e “ruffed grouse”non erano rari. Nell’autunno del 1995 ho visto le tracce di un primo lupo solitario. Poi, nel gennaio 1999, mio ​​figlio ed io abbiamo “tracciato” un paio di lupi nella neve. Un branco arrivò in quell’estate. Nei successivi tre mesi non fu più possibile vedere un cervo o le sue tracce nei prati, anche durante la stagione degli amori. Di notte vedevamo i cervi rannicchiarsi contro i fienili e le case dove, in precedenza, non si vedevano mai. Per la prima volta i cervi entrarono nel nostro giardino e girarono intorno alla casa. Conseguentemente aumentarono i danni ai nostri alberi da frutto e alle rose. I cigni trombettieri andarono via. Le oche e le anatre evitarono di frequentare i prati esterni spostandosi a ridosso delle stalle e dei granai. I fagiani e “ruffed grouse” svanirono. Il paesaggio sembrava vuoto, come se fosse stato privato della fauna
selvatica. I lupi divennero progressivamente più audaci, avvicinandosi alle abitazioni, uccidendo e mutilando animali domestici e bestiame, affrontando senza alcun timore anche gli uomini. Non si è verificato nessun attacco diretto nei confronti dell’uomo da parte dei “nostri” lupi dopo che hanno iniziato ad avvicinarsi, perché sono stati uccisi. Un ufficiale del “Predator Control office” ha provveduto successivamente a catturare gli altri. In seguito alla eradicazione del primo branco nel giro di un paio di anni un secondo si è trasferito nella zona, manifestando uno schema simile di evoluzione nei comportamenti. Geist ha scoperto che il comportamento di entrambi i branchi, quando le prede selvatiche si esauriscono e i branchi si
avvicinano alle zone abitate, ha seguito uno schema di “assuefazione” del tutto simile passante per sette stadi

1- All’interno del territorio del branco, le prede diminuiscono non solo a causa dell’aumento della predazione, ma anche per il fatto che non tollerano gli spazi domestici. I lupi così visitano sempre di più le discariche.
2- I lupi in cerca di cibo iniziano ad avvicinarsi sempre di più alle abitazioni. La loro presenza è segnalata dall’insistente abbaiare dei cani da guardiania delle fattorie.
3- I lupi iniziano a comparire alla luce del giorno e a debita distanza osservano le persone intente nelle loro faccende quotidiane.
4- Animali domestici di piccola taglia vengono attaccati vicino alle abitazioni, anche durante il giorno. I lupi preferiscono i cani e li seguono fino alle case dove i padroni si ritrovano a difenderli.
5- I lupi rivolgono la loro attenzione al bestiame di grandi dimensioni avvicinandosi con atteggiamenti minacciosi. Il bestiame può correre e saltare le recinzioni in cerca di fuga. I lupi diventano sempre più sfacciati e il bestiame può essere ucciso vicino alle case. I lupi possono iniziare a inseguire chi va a cavallo e a circondarli. Possono avvicinarsi alle case e guardare attraverso le finestre.
6- I lupi rivolgono la loro attenzione alle persone e si avvicinano, inizialmente semplicemente esaminandole. Possono fare attacchi esitanti, quasi scherzosi, mordere e strappare gli indumenti, tentando di mordere gli arti ma ritirandosi se affrontati. Si difendono dalla gente ringhiando e abbaiando e rimanendo a circa 10, 20 passi di distanza.
7- I lupi attaccano le persone. Questi attacchi iniziali sono maldestri, poiché i lupi non hanno ancora imparato come abbattere la nuova preda in modo efficiente. Le persone attaccate possono spesso fuggire a causa della goffaggine negli attacchi. Un uomo maturo e coraggioso può sconfiggere o far fuggire un lupo. Tuttavia, contro un branco di lupi non c’è difesa.

Il modello di “assuefazione” di Geist è stato tradotto in svedese, finlandese e tedesco. È diventato noto in Finlandia come “Seven Steps to Heaven”.
Dice sempre Geist: Quando i predatori sono scarsi e gli erbivori sono abbondanti, i lupi sono ben nutriti. Di conseguenza sono molto grandi nelle dimensioni del corpo, ma anche molto “timidi” nei confronti delle persone. I lupi sono visti raramente in queste condizioni, e ne risulta un’immagine romantica diffusa in Nord America anche oggi.
Tuttavia, quando i numeri degli erbivori diminuiscono mentre il numero dei lupi aumenta, si prevede che i lupi si disperdano e inizino ad esplorare nuove zone e nuove prede. Questo è il punto nel quale iniziano i problemi
L’ex biologo della fauna selvatica dell’Alaska Mark McNay e altri hanno stabilito che in Canada ci sono stati attacchi diretti a persone, sia in tempi storici che recentemente. L’8 novembre 2005, uno studente di ingegneria di 22 anni dell’università di Waterloo, Kenton Joel Carnegie, è stato ucciso da quattro lupi al Point North Landing nel nord del Saskatchewan. Questo è stato il primo episodio di attacco diretto da parte di un lupo in America del Nord. All’attacco seguì l’indagine e Geist fu chiamato come esperto. I quattro lupi che attaccarono Carnegie erano stati a lungo osservati, erano stati visti nutrirsi con la spazzatura e quattro giorni prima attaccarono due dipendenti del campo che cercavano di respingerli. Candice Berner, un’insegnante di 32 anni, è stata uccisa l’8 marzo 2010 dai lupi nel villaggio di Chignik Lake, nella penisola dell’Alaska. Anche questi lupi erano “abituati” alla spazzatura.
In che modo gli scienziati nordamericani hanno concluso che i lupi non rappresentavano una possibile minaccia per le persone? Geist risponde:
Non sapevano che a partire dal 1800, decine di migliaia di cacciatori in Canada e in Alaska stavano uccidendo tutti i lupi che potevano, legalmente e illegalmente. Furono effettuate campagne di contenimento attraverso avvelenamento e caccia da aerei e i lupi venivano uccisi da chiunque. Non c’è da stupirsi se i lupi erano scarsi, molto timidi, gli attacchi a persone assenti, le perdite di bestiame minime e le malattie trasmesse dai lupi praticamente ridotte. In assenza di esperienza , hanno scelto di ignorare l’esperienza accumulata da altri in Asia e in Europa.

Quando viene chiesto a Geist di prevedere il futuro dei lupi in Nord America risponde:
La prima minaccia è rappresentata dal fatto che i lupi di tutto il Nord America entreranno in contatto con milioni di coyote e cani rinselvatichiti. I lupi uccideranno alcuni dei cani e dei coyote, ma altri si ibrideranno. In breve, i lupi di “razza pura” in natura diventeranno una cosa del passato. La seconda minaccia è rappresentata invece dall’echinococcosi (Malattia idatidea). L’Echinococcus granulosus vive nell’intestino del lupo e del cane (ospiti definitivi) dove produce le uova che vengono eliminate insieme alle feci e che, se
ingerite accidentalmente dall’uomo o da mammiferi diversi quali ovini, bovini, ed equini (ospiti intermedi), liberano le larve che penetrano nell’intestino ed attraverso il sangue raggiungono il fegato, i polmoni ed altri organi (rene, milza, cuore, ossa, muscolo, occhio, cervello), dove formano delle cisti anche delle dimensioni di un pompelmo spesso letali.

Nessuno sta affrontando la minaccia rappresentata dalla malattia. Non credo quindi che i lupi abbiano un futuro felice.
Sicuramente questa intervista ci fa vedere un altro punto di vista e, altrettanto sicuramente, è possibile fare dei netti distinguo con la situazione Italiana ma con queste
opportune considerazioni è lecito porsi delle domande.